Legge 104/92, gli “appestati” della Polizia di Stato
La solidarietà e l’assistenzialismo non sono ben accetti nella nostra Amministrazione, diciamo questo in rapporto all’ostracismo che colpisce chi fra di noi, per esigenza di salute, gode dei benefici riconosciuti dalla Legge 104/92.
Come noto questo istituto riconosce agevolazioni per assistere un familiare affetto da grave patologia o comunque non in grado di accudire a se stesso.
Siamo al cospetto di una conquista sociale in linea con il dettato costituzionale di tutela della salute dell’individuo, laddove si pone l’esigenza lavorativa in subordine rispetto all’assistenza di cui necessita un familiare in difficoltà per patologie gravi, dettagliatamente riconosciute dal Servizio Sanitario Nazionale.
Chiarito che il beneficio della Legge de quo non è quindi un’elargizione dello Stato, ma il riconoscimento di una stato di bisogno oggettivo, appare quantomeno ingiustificato il fatto che le colleghe ed i colleghi ai quali viene riconosciuto, si trovino troppo spesso a pagarne le conseguenze in ordine alle loro legittime aspirazioni professionali.
Con una parola forte ci spingiamo dire che questi lavoratori sono visti come “appestati” e subiscono disparità di trattamento sia nel loro ufficio di appartenenza, che nei casi in cui si propongono per un trasferimento, con evidente pregiudizio anche sulla loro possibilità di progressione in carriera.
Questo orientamento all’ostracismo esiste in linea generale ma in maniera più marcata nelle sedi dipartimentali centrali, dove questi colleghi e colleghe si trovano troppo spesso ad essere penalizzati.
Una situazione che sta trasformando l’obiettivo disagio e il sentimento di assistenza e solidarietà verso un familiare in difficoltà, come una colpa del lavoratore che viene ritenuto non affidabile in quanto l’utilizzo del beneficio potrebbe cagionare difficoltà alle attività di ufficio.
Troppo spesso infatti in occasione di un colloquio per richiesta di trasferimento, il fatto di fruire di questa legge incide sulla scelta finale e anche se il candidato gode di un curriculum professionale di alto livello, si vede rispondere picche, non superando il cosiddetto “gradimento” del dirigente, la Consap peraltro ha sempre criticato questo orientamento che prevede il “placet” del dirigente, pur in presenza di posti vacanti e lavoro da svolgere.
Noi consideriamo tutto questo inaccettabile, sia sotto il profilo umano che lavorativo, in quanto operatori con altissima professionalità e ruolino di servizio di assoluto livello si trovano a dover subire questa forca caudina “del gradimento del trasferimento” che consente ai dirigenti e direttori di rifiutare i servigi di un lavoratore che aspira ad un trasferimento di ufficio.
Vorrei concludere facendo un appello al nostro nuovo Capo della Polizia prefetto Giannini, affinché possa e voglia intervenire per favorire una sensibilizzazione delle dirigenze fin dai massimi livelli ad un maggior rispetto verso un istituto lavorativo come la Legge 104, che è frutto di un disagio reale e non ostacolando o peggio discriminando chi, per colpe non sue, e delle quali ne siamo certi farebbe volentieri a meno, si trova contemplato nella platea dei fruitori di questa legge.
IL SEGRETARIO GENERALE NAZIONALE
Cesario BORTONE