La formazione degli operatori di polizia è una risorsa strategica.
La società civile rivendica operatori preparati, capaci non solo di applicare le norme, ma di interpretare la società, contribuire a mediare i conflitti, vivere nella contraddizione ed operare per ricostruire un tessuto legalitario.
Per realizzare questi obiettivi è indispensabile, come rivendicato dalla Confederazione Sindacale Autonoma di Polizia (CONSAP), che il Dipartimento della Pubblica Sicurezza metta la formazione professionale al primo posto.
Ciò significa formazione iniziale adeguata nei contenuti e nelle metodologie e forte incremento di quella specializzata e di settore.
Il problema della sicurezza è legato anche all’addestramento, ovvero all’incidenza sui processi formativi professionali del poliziotto. S’investono risorse ingenti per formare un poliziotto-soldato, il quale, poi immesso in servizio dovrà completamente dimenticare quello che ha imparato durante il corso e dovrà ricominciare da zero, rubando il mestiere a chi ha esperienza e pratica reale di polizia.
La cultura della legalità e della sicurezza iniziano con la professionalità e la formazione del personale. L’esperienza diventa la vera maestra di un poliziotto.
Per questo la Consap considera le scuole di polizia il vero perno dell’apparato sicurezza : bisogna investire di più e meglio nella formazione, bisogna abbandonare i vecchi modelli formato accademia e puntare sule nuove soluzioni che la dimensione internazionale suggerisce.
Negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Francia la formazione si fa quotidianamente con il briefing, cioè lo scambio di esperienze tra operatori e responsabili del servizio, per approfondire in tempo reale, una problematica attuale.
Nelle nostre scuole si lavora ancora su modelli astratti, prevale l‘autonomia dei direttori nella scelta dei docenti e delle materie d’insegnamento. Si prediligono nomi importanti, amici degli amici, tematiche di ampio respiro e si prepara un agente di polizia come se dovesse sostenere un esame universitario.
Più risorse dunque nella formazione e rimodulazione dei programmi per avviare una nuova politica di aggiornamento e qualificazione del personale di polizia.
La formazione iniziale non è, né potrebbe esserlo, esaustiva, ossia non permette da sé di assicurare una buona professionalità. La professionalità non può pertanto definirsi un fatto acquisito e valevole nel tempo. Al contrario, va, necessariamente migliorata e affinata, mediante continui aggiornamenti, per meglio modellarla alle esigenze e alle aspettative della società.
Pertanto diventa indispensabile, se si vuole adeguatamente sostanziare e valorizzare un così importante supporto professionale, ripensare a nuovi modelli organizzativi e didattici, che è possibile ricercare esclusivamente nel contesto degli Istituti di Istruzione e non negli ambiti delle Questure e dei vari Uffici e Reparti territoriali della Polizia di Stato.
Sinora, infatti, l’aggiornamento e l’addestramento professionale, una delle principali conquiste contrattuali, sono stati disattesi o gestiti in modo inefficace.
Fra le motivazioni più realistiche di un siffatto fenomeno, quella dell’inadeguatezza, organizzativa e didattica, degli uffici territoriali costituisce la più valida conferma della necessità di affidare agli Istituti di Istruzione un così impegnativo e importante compito. Le Questure e gli Uffici territoriali sono luoghi di lavoro, con tutte le connesse problematiche, non possono improvvisarsi in centri didattici.
In tale contesto appare dunque realizzabile un ottimale aggiornamento professionale imperniato sui seguenti aspetti:
- diversificazione didattico gestionale dell’aggiornamento e dell’addestramento professionale del personale appartenete al ruolo ordinario e tecnico, in rapporto al servizio svolto e alle responsabilità funzionali e gerarchiche rivestite;
- utilizzo delle strutture scolastiche di Polizia;
- selezione accurata del corpo docente;
- istituzione di un apposito albo docenti;
- dotazione di idoneo materiale didattico.
LA SEGRETERIA GENERALE