Il quinto incontro a Palazzo Vidoni per il rinnovo contrattuale, tenutosi lunedì 22 gennaio alle 15.30 e conclusosi in tarda serata, ha registrato ancora una volta il pervicace intento della parte pubblica di imporre una chiusura rapida del contratto, anche a costo – secondo le scriventi Organizzazioni sindacali – di forzare la legge, dividendo in due (la parte economica da quella normativa e giuridica) un contratto che per normativa È UNICO!
Come già fatto in tutti gli incontri precedenti, la CONSAP, l’UGL-FSP POLIZIA, il COISP e, uscendo fuori dal coro degli adulatori, ha dato voce al forte malessere vissuto dai tanti colleghi che con seria dignità professionale, quotidianamente, lavorano con grandi rischi ed estrema difficoltà, per la tenuta democratica e civile del Paese.
Anche nel corso di questo incontro, quindi, alla luce delle ulteriori tabelle fornite dai tecnici della Funzione Pubblica, che nulla innovano rispetto alle precedenti, non possiamo che essere ancor più convintamente critici, sia nei confronti del metodo usato e con cui si sta proseguendo l’iter di questo rinnovo contrattuale, sia nei riguardi del merito con cui stiamo subendo tale rinnovo.
Ricordando, per l’ennesima volta, l’arretratezza normativa, giuridica ed economica anche accessoria, in cui sono costretti ad operare quotidianamente i lavoratori di questo comparto sicurezza e le mille sovraesposizioni penali, civili e amministrative in cui si muovono, abbiamo ribadito come – dopo oltre 8 anni di blocco contrattuale, reiterati nel tempo dai vari governi che si sono succeduti ed aperto solo grazie ad una sentenza della Corte Costituzionale che ha sancito il protrarsi del blocco, incostituzionale – questo sia un contratto le cui risorse, sulle quali siamo qui a lacerarci, sono fortemente inadeguate e, ancor più, lesive ed offensive della dignità professionale delle donne e degli uomini della Polizia di Stato e del Comparto Sicurezza e Difesa in generale.
La CONSAP, l’UGL-FSP POLIZIA, il COISP hanno ben spiegato al Governo che partendo dalla percentuale di incremento sviluppata per tutto il pubblico impiego, quel 3,48%, nella sua apparente equanime individuazione è, in realtà, quanto di più iniquo ci possa essere. E questo perché l’architettura degli stipendi dei dipendenti pubblici, rispetto a quelli di questo personale, sono profondamente differenti, a svantaggio per i nostri.
Da qui è facile comprendere l’ingiustizia che si è riverberata su questo Contratto partendo dalla violazione di legge relativa alla mancata convocazione da parte del Governo dei rappresentanti dei lavoratori di questo Comparto, prima della predisposizione della legge di bilancio. C’è stata sottratta, in sintesi, la possibilità anche solo di rappresentare queste difficoltà e diversità, o dovremmo dire che si è dolosamente voluto non ascoltare le ragioni di Poliziotti e Militari. Dal momento che come perfettamente spiegato dai tecnici del MEF (Ministero dell’Economia e Finanza) il proclamato aumento del 3,48% non è altro che frutto di un mero calcolo ragionieristico uguale per tutti i dipendenti pubblici, cosi come il non assorbimento della vacanza contrattuale, la nostra specificità si rileva esclusivamente dalle risorse individuate dal DPCM.
In estrema sintesi, la specificità della nostra funzione, secondo le tabelle presentateci, ammonterebbe appena a circa 3,00 euro netti mensili per il 2018; 6,00 euro per il 2019; 9,00 per il 2020 e ZERO per il 2016 e 2017. Anni per i quali abbiamo chiesto anche chiarezza in merito ai colleghi fuori usciti per qualsiasi ragione fino al 31.12.2017. Per quanto riguarda il metodo, abbiamo riconfermato che, essendo prevista per legge l’unicità di questo contratto triennale (economico e normativo), consideriamo contro legge qualsivoglia tentativo di divisione delle due fondamentali componenti del contratto collettivo di lavoro, potendosi, al massimo prevedere un anticipo delle spettanze economiche, lasciando comunque formalmente aperta sia la parte economica che quella normativa e giuridica. Tuttavia, pur non condividendo affatto metodo e merito, con grande sforzo e spirito costruttivo, volendoci calare nella filosofia delle esigue risorse qui disponibili, con le ultime tabelle fornite nella serata di domenica, non si può che prendere atto del fatto che assolutamente nulla è stato modificato dal 22 dicembre ad oggi. Anzi, se fosse possibile, è ancor più peggiorata la posizione dei dipendenti che, con questa ripartizione tra PARAMETRO e INDENNITA’ PENSIONABILE vedono il Governo voler loro togliere anche parte della buonuscita futura. Ad ormai 23 anni dalla riforma Dini, che insieme al sistema di calcolo contributivo della pensione introdusse l’obbligo di istituire la previdenza complementare – obbligo a cui non si è mai ottemperato – è assolutamente inaccettabile che, insieme all’ennesimo rinvio di questa tutela imposto anche in questa sede, ci siano ulteriori penalizzazioni sulla voce PARAMETRO che, diversamente dalla voce INDENNITA’ PENSIONABILE, genera accantonamento utile ai fini della buonuscita e, domani, per la previdenza complementare.
L’unico modo per non somministrarci “oltre al danno anche la beffa”, è quello di spostare queste magre risorse sul PARAMETRO. Soluzione questa – abbiamo sostenuto – davvero unica in grado almeno di salvaguardare tutte le posizioni, comprese quelle meno elevate, cioè proprio quelle dei più giovani che saranno maggiormente penalizzati dal mancato avvio della previdenza complementare. Nota a parte, poi, ha meritato la pervicace insistenza con cui si vogliono sottrarre risorse da questo contratto, quindi da tutti i dipendenti, per adeguare quella vergognosa misura economica che è il pagamento dello straordinario. Abbiamo ripetuto che le risorse per il pagamento di tale istituto sono già appostate e finanziate annualmente e che, in questa sede contrattuale, dovremmo solo parlare di quanto adeguarlo per renderlo meno illegittimo. Lo straordinario deve autoalimentarsi attingendo dalle risorse già stanziate e finanziate annualmente. Ma pare veramente assurdo, per non dire altro, che siano gli stessi dipendenti a doversi tassare, sottraendo risorse dal proprio magro contratto di lavoro, per adeguare il pagamento di prestazioni che, diversamente da altri Comparti, sono obbligati ad eseguire quale prolungamento obbligato antieconomico del proprio orario di lavoro e per far fronte, spesso, ad esigenze emergenziali dettate da una incapacità della politica. Abbiamo ribadito, altresì, che se obbligati, la nostra sarà solo una firma arrogantemente estorta e affatto condivisa, obbligata solamente da una clausola capestro, oltremodo vessatoria, secondo cui chi non firma il contratto viene escluso per molti anni da qualsivoglia attività sindacale, tavolo, verifica e confronto centrale e periferico di tutela dei propri iscritti e dei colleghi tutti. Diversi sono coloro che, per probabili fini pre-elettorali, chiedono la chiusura tombale ed immediata della parte economica, rinviando tutta la parte normativa e giuridica ad altro governo ed a costo zero e, in questo contesto, siamo convinti che chi si accontenta subito supinamente FORSE gode in parte, ma SICURAMENTE, in cambio di 40 euro netti, svende la dignità professionale del personale rappresentato. Molti di più sono quelli che sembrano non accettare un rinnovo contrattuale indecente e che men che meno condividono la sottoscrizione di una prima parte economica umiliante, per poi rimandare ad un secondo accordo la non meno importante parte normativa, che – senza ulteriori risorse – costituirebbe una ulteriore beffa e non permetterebbe il recepimento di innumerevoli misure normative necessarie per dare ai Poliziotti quanto meno la medesima dignità garantita al restante pubblico impiego.
A breve verrà data comunicazione della data del prossimo incontro.